Pasqua e Roubaix, ricorrenza felice per i colori italiani

Oggi, 9 aprile, domenica di Pasqua, si correrà la famosissima Parigi-Roubaix, 256Km da Compiègne a Roubaix, attraverso interminabili e durissimi settori di pavè, ciottoli e fango.

Una corsa mitica, ultracentenaria (prima edizione nel 1896), chiamata anche “l’Inferno del Nord” a causa delle giornate da tregenda che la corsa viveva quando ad accogliere i corridori c’erano il freddo e la pioggia.

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Sanremo ’70. Il memorabile assolo di Michele Dancelli

Le lacrime gli scendevano a fiotti sul rettilineo finale in via Roma. Forse solo in quel momento si stava rendendo conto dell’impresa che aveva fatto.

Michele Dancelli era così. Attaccante sempre in fuga. E quella volta, alla Sanremo 1970, gli riuscì un colpo da maestro. Settanta chilometri da solo dopo altri 130 in compagnia di altri 16 corridori. Erano 17 anni che un italiano non vinceva la “Classicissima” di primavera. L’ultimo era stato Loretto Petrucci (1952 e 53).

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2 gennaio 1960, l’ultimo volo dell’Airone.

“Un uomo solo al comando. La sua maglia è biancoceleste, il suo nome è Fausto Coppi”.
La voce di Mario Ferretti lo consegnò alla storia e alla memoria di quanti, come me, non lo hanno mai visto correre.

Il 2 gennaio di 63 anni fa l’Airone chiuse le ali per una stupida malaria, presa in Africa, che i medici italiani non seppero diagnosticare in tempo. Geminiani, francese di origine italiana, fu curato col chinino e ce la fece. Aveva 40 anni Fausto e l’anno prima si era ritirato.

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6 Settembre 1992: trenta anni fa la doppietta iridata di Bugno

Siamo a Benidorm, in Spagna, agli inizi di settembre del 1992, e ci si appresta a vivere la corsa in linea valevole per i mondiali di ciclismo.

La sfida è tra i tre grandi campioni del periodo, fortissimi, ma tanto diversi tra loro.
Miguel Indurain è il campione di casa, grande cronoman che va bene anche in montagna, regolare come un orologio, calcolatore, al limite della monotonia, dominatore delle corse a tappe, ma debole nello sprint.

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Zaaf, l’algerino che al Tour corse nel senso contrario di marcia e che osò sfidare Coppi

Uno dei personaggi più pittoreschi e icone del Tour è Abdel Khader Zaaf.

Nasce  il 28 Gennaio 1917 a Chitouane in Algeria.
Deve la sua notorietà per la sua partecipazione a quattro edizioni del Tour de France (1948-1950-1951 e 1952).
In quell’ epoca l’Algeria non era ancora autonoma, motivo per cui, a tutti gli effetti, Zaaf era di nazionalità francese.

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Alfredo Binda: l’invincibile pagato per non correre.

Quella che andiamo a raccontare è la storia di un corridore invincibile, talmente forte da essere pagato per non correre (!).

5 Giri d’Italia, 3 volte campione del mondo, 4 volte campione italiano, 4 giri di Lombardia, 2 Milano San Remo, 2 Gran Piemonte, 41 tappe al Giro e 2 al Tour.

Un palmares di spessore, con dei risultati rimasti ineguagliati ancora oggi, a quasi un secolo di distanza.

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Gap ’72, quando Basso “scippò” il mondiale a Bitossi

Gli capita ancora spesso di sognare quegli ultimi due chilometri a Gap.
Parte, fa il vuoto e a 1300 metri dall’arrivo ne ha 300 di vantaggio sugli inseguitori: Guimard, Merckx, Zoetmelk, Mortensen, Dancelli e Basso.
“Ce l’ho fatta!” pensa Bitossi nel sogno. “Il mondiale è mio!”.

Invece quel dannato rettilineo finale, in leggera salita, lo condanna.

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Il mito del Col du Galibier
IL TOURMALET L’AVEVANO INVENTATO NEL 1910, IL GALIBIER L’ANNO DOPO. MOLTI ALLORA SALIVANO A PIEDI, CHI NON METTEVA PIEDE A TERRA DIVENTAVA UN EROE, PER PROVARE IL PASSAGGIO SULLA VETTA SI STAMPAVA SUL BRACCIO L’IMMAGINE DI UN’AQUILA 
[Domenico Quirico, giornalista]

Il Tour de France quest’anno propone per ben due volte una delle salite mitiche della storia del ciclismo, il Galibier.
Si tratterà del 61° e 62° passaggio: numeri di livello assoluto, anche se il record spetta al Tourmalet, scalato ben 77 volte.

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Perché Diavoli. Perché a Pedali.

Diavoli a Pedali.
Iniziamo da qui.

Il Diavolo è una figura mitica che ricorre spesso nel mondo del ciclismo, forse per via delle grandi montagne che i corridori si trovano ad affrontare, pedalando su delle lingue di sabbia e asfalto interminabili, immobili.

Cime bollenti che incutono terrore e che respingono chi non si presenta ai loro varchi con reverenza e rispetto.

Montagne nude, le cui scalate richiedono sforzi disumani, diabolici appunto, tanto da rendere necessario ristorare l’anima del malcapitato una volta arrivato in vetta, al cospetto di santuari, croci e cippi.

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